LA CONFLUENZA DELLE GOCCE SULLA SUPERFICIE VEGETALE, IL LEGAME IDROGENO E L’ APPLICAZIONE AD EMISSIONE CONTROLLATA ®
Abbiamo tutti visto come si comportano due gocce d’acqua sulle foglie o su altre superfici quando entrano in contatto fra di loro. Appena si toccano osserviamo che improvvisamente confluiscono l’una nell’altra. Anche questo fenomeno è spiegato dalla chimica attraverso le forze intermolecolari all’origine di questa confluenza.
In particolare, fra le diverse forze intermolecolari, si individua il legame idrogeno quale principale responsabile dell’attrazione fra le molecole d’acqua che è anche la causa dell’elevato punto di ebollizione di questo composto. Questo legame si forma quando un atomo di idrogeno legato ed un altro atomo piccolo e fortemente elettronegativo, nel caso specifico azoto, ossigeno o fluoro, è attratto da una coppia di elettroni solitaria di un atomo di azoto, ossigeno o fluoro presente su un’altra molecola.
Nel caso dell'acqua, proviamo ad immaginare cosa succede quando una molecola si avvicina ad un’altra. Ciascun legame O-H è polare e gli elettroni del legame sono prevalentemente collocati sull’atomo di ossigeno perché è più elettronegativo rispetto all’idrogeno che risulta così mettere a nudo il suo protone e caricarsi positivamente. Ecco che quindi può essere attratto da un altro atomo di ossigeno di un’altra molecola d’acqua.
Il legame è particolarmente intenso quando l’atomo di idrogeno è allineato con i due di ossigeno. É sufficientemente forte da sopravvivere nel vapore di talune sostanze e molto più forte delle altre interazioni intermolecolari conosciute. Tanto per fare alcuni esempi, gran parte delle proteine devono la loro funzione alla presenze di legami idrogeno e la solida struttura dei tronchi degli alberi è dovuta alla formazione dei legami idrogeno fra le nastriformi molecole di cellulosa.
Per quanto riguarda l’effetto di questa interazione nel settore specifico dell’applicazione dei fitofarmaci, sappiamo che la confluenza delle gocce appoggiate sulla superficie non si origina solo con i trattamenti ad alto volume ma anche in quelli a basso volume e un ruolo di primaria importanza lo gioca anche il tipo di superficie vegetale, se liscia o rugosa senza peli o tomentosa e la sua dimensione.
Ma, in particolare, osserviamo la maggior parte dei trattamenti che si eseguono in agricoltura vengono effettuati quando la superficie fogliare o l’organo da proteggere sono di piccole dimensioni perché queste fasi fenologiche coincidono con la maggior pericolosità del parassita. Basti pensare, solo per fare alcuni esempi, alla fase di orecchiette di topo nel melo nella difesa contro la ticchiolatura, o ai germogli contro le uova, ninfe e neanidi della psilla del pero, oppure ai grappolini erbacei nella difesa contro la peronospora della vite o alle gemme nella difesa della bolla del pesco oppure nei diserbi di post emergenza, alle foglioline cotiledonari delle infestanti.
Su questi organi di superficie molto piccola è facile che le gocce, una volta proiettate ed appoggiate sulla superficie vegetale confluiscano l’una nell’altra, nel caso in cui, come la procedura standard raccomanda, si cerchi di coprire o bagnare completamente la superficie vegetale. Questa modalità di applicazione senz’altro facilita la confluenza perché le goccioline vengono a toccarsi o sovrapporsi e così è più facile che precipitino per gravità da quelle superfici che si trovano inclinate, trascinando con sé anche quelle che inizialmente avevano aderito.
Nel caso invece, in cui per l’applicazione venga utilizzato il sistema ad Emissione Controllata ® questa casualità, da un punto di vista teorico, viene diminuita perché i brevi intervalli che interrompono l’erogazione dell’ugello a causa dell’azione delle elettrovalvole, determinano un distanziamento delle gocce nel corso della loro traiettoria che verranno a trovarsi più distanziate una volta raggiunta la superficie. Prove sperimentali realizzate contro la peronospora della vite realizzate dal CRA di Conegliano e contro la ticchiolatura del melo dal centro di San Michele all’Adige sembrano indirettamente confermare questa teoria e le relazioni con i risultati sono disponibili su richiesta.